W il teatro anche al tempo del virus

 

Il buon insegnamento è per un quarto preparazione e tre quarti teatro.

Galileo Galilei

Il teatro non è indispensabile. Serve ad attraversare le frontiere fra te e me.

Jerzy Grotowski

Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa piacere cosi come sei! Quindi vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un’opera di teatro, ma non ha prove iniziali: canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni giorno della tua vita prima che l’opera finisca priva di applausi.

Charlie Chaplin

Ciò che ho sempre trovato di più bello, a teatro, è il lampadario.

Charles Baudelaire

Sono entrato nel teatro perché, lo confesso, non c’è nulla di imbarazzante, sono stato sempre grasso, ero l’ultimo a correre, e sul palcoscenico ho trovato che potevo essere tutto quello che da ragazzo non potevo creare nella vita: potevo essere giovane, bello, alto, magro. Il palcoscenico è quel luogo magico dove un semplice può fare un dittatore, un incolto può fare un poeta. Lì è cominciato il mio amore per il teatro.

Glauco Mauri

Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte.

Leo De Berardinis

 

Officina Teatro ‘O

Informazioni ed iscrizioni

Telefoni: 055 4684591 – 328 2793144 – 339 3318580

Sito: www.teatroo.it

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Ultimi posti!

Ultimi posti disponibili per i corsi di teatro a Firenze

Officina Teatro ‘O – scuola di teatro dal 1996

iscrizioni per l’anno 2020/2021

I anno corso base – 2 posti disponibili

II anno corso avanzato – completo

III anno corso avanzato – 1 posto disponibile

La Bella Età teatro per over 60 – 4 posti disponibili

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PERCHE’ ISCRIVERSI AD UN CORSO DI TEATRO?

“Per poter dire allo specchio: ‘Beh, da te questa proprio non me l’aspettavo!’. E sorprendere se stessi è sempre una bella cosa.”

Andrea

“Per scoprire parti di te che altrimenti rimarrebbero nascoste.”

Letizia

È un esperimento meraviglioso. Alla fine sembra la chiave di tutto.”

Annalisa

“Per scoprire che quello che si pensa impossibile è invece possibile… e pure divertendosi con gli altri!

Marco

“Difficile da spiegare a chi non lo ha mai fatto. Soltanto chi ha frequentato un corso di teatro sa cosa si perderebbe a non fare un corso di teatro!

Matteo

Perché fare un corso di teatro è come mangiare la Nutella… Se lo provi non puoi più farne a meno!”

Francesca

La magia del teatro ti aiuta ad essere te stesso anche nella finzione.”

Elisa

“Perché iscriversi ad un corso di teatro in 3 parole? PERCHÉ TI CAMBIA.

Alessandra

Hamlet’O

Teatro dell’Affratellamento,

Regia di Leonardo Torrini e Paolo Papini

Ieri è stata una data veramente significativa, perché è andato in scena, al Teatro dell’Affratellamento, finalmente il primo saggio, a lungo rinviato, di un ampio percorso, che conclude questo strano anno accademico.

Anno segnato profondamente da eventi di portata catastrofica mondiale, che rimarranno per sempre nella nostra storia ( come il Covid-19 ) e le sue inevitabili e dolorose conseguenze.

Ma gli allievi e noi del pubblico eravamo presenti nonostante i limiti imposti, i posti distanziati, il dover indossare una mascherina e seguire tutte le norme e le procedure atte a garantire la sicurezza e siamo stati felici più che mai di poterci essere.

Il blackout, che abbiamo vissuto tutti quanti, negli scorsi mesi, detto anche “lockdown” il momento zero, l’interruzione definitiva di ogni attività, ha provocato negli attori di Officina Teatro’O una particolare voglia di ricominciare più carichi e ha tirato fuori in loro una gran grinta.

Gli attori che hanno recitato stasera, hanno dovuto rinviare, rinviare e rinviare per mesi, con prove virtuali estenuanti questo spettacolo, e questa è la vera testimonianza, dell’ininterrotta passione per il Teatro e caparbia resistenza e resilienza di tutte quelle persone che non hanno mai smesso di crederci e di lavorarci ed è a Loro che vanno i nostri più sentiti applausi.

Per far sì, che ieri, su quel palco, tutto questo fosse ancora possibile, cioè che si trattasse e si potesse ancora far parlare di grandi sentimenti, di grandi gesta, di forti emozioni.

Il gioco genuino del teatro e dei suoi teatranti che lo rendono ancor più bello e più vivo ha preso vita davanti a noi .

Hamlet’O” è lo studio e il risultato di un percorso teatrale decisamente maturo all’interno della scuola di Officina Teatro’O, che coglie l’occasione giusta per dimostrare di cosa gli allievi siano capaci di fare ma anche di esprimere, dopo i tre anni di corso arrivando perfino a imparare a rielaborare un testo grande come questo.

L’intera sceneggiatura, è stata infatti , interamente rivisitata e riscritta proprio da loro, gli stessi protagonisti e gli attori hanno avuto l’arduo compito di capovolgere e rimodernizzare l’Amleto come meglio hanno creduto, con ingegno, impegno, divertimento, complicità, passione e devozione mettendo in atto ogni insegnamento appreso dai loro insegnanti e facendolo proprio.

La comprensione di un testo e la rielaborazione attraverso la sua interpretazione, non sono mai, ne’ banali, ne’ casuali, ogni cosa è nella cadenza e nel ritmo giusto affinché il suo linguaggio funzioni.

Hamlet’O si è sviluppato con spezzoni e cambi di scene continui in un’ecclettica ed irreale metamorfosi di protagonisti.

Sul palco si sono susseguiti diversi Amleto, reinterpretati in chiave classica o moderna a seconda della loro personale visione.

Gli attori di Officina Teatro ‘O nei loro tre anni di studio e di stage si sono dimostrati all’altezza del compito affidatogli perché fondamentalmente hanno dimostrato di aver imparato ad ascoltare, osservare, percepire e sentire facendo rivivere quelle emozioni sul palco anche a noi.


Puntando i riflettori su tanti, diversi e nuovi aspetti, i vari personaggi, ognuno con la propria unicità, ritroveranno dentro di se’ un Amleto, una Ofelia, Claudio, Gertrude fatti delle mortali umanità, cioè di grandezze e debolezze.

Ma più di tutto non possiamo che concordare con l’ultima frase detta da Ofelia al momento degli applausi e dei saluti: “ Viva il Teatro”!

La scuola di magia

Non so ancora cosa sta a significare esattamente quella “O’”. Spesso mi riprometto di chiederlo agli insegnanti e poi me lo dimentico. Perché quando si arriva a lezione, è come passare attraverso un armadio magico che conduce ad un giardino incantato. Già nei primi 10 minuti ci si trova anni luce distanti da ciò in cui si era prima di salire le scale che portano all’aula del primo piano. Lavoro, casa, famiglia, amici, strade, cibo, pratiche auto, ufficio postale, corriere Amazon … Tutto si dissolve. In pochi istanti ci si astrae. Eh certo, la magia del teatro, direte voi … Si sa, la finzione, l’immaginazione, la rievocazione di storie e personaggi, si sa che facilmente ci fanno volare verso mondi magnifici. Ma si, anche, certo, certo. Eppure, questo può succedere in molte scuole di recitazione. Anzi, a dirla tutta, dovrebbe succedere in tutte le scuole. Quello che invece non succede con tale facilità è che Officina Teatro O’ ha quello che è quasi impossibile da trovare altrove. E cioè i suoi insegnanti. Si, due creature umane che con un modo tutto loro, rendono possibile anche l’impossibile. E con il passare del tempo, dal loro cappello magico, continuano ad uscire formule segrete che trasformano tutti (e dico tutti) in esseri viventi entusiasti e appassionati. Perché anche i più timidi, vengono come posseduti dalla gioia di esprimersi, di scavare, trovare e far vivere il proprio talento. E loro, Paolo e Leonardo (così si chiamano!) conducono il gioco con sapienza e delicatezza. Osservano (ma non ve ne accorgerete mai!), ascoltano, gentilmente (ma proprio gentilmente!) suggeriscono. E così ci si ritrova “personaggi”. Rassicurati e presi per mano (prima dell’”era” Covid, anche abbracciati), i due Maestri, accompagnano tutti verso quella forma d’arte che è il teatro con i suoi annessi e connessi. La recitazione viene insegnata con tecniche efficaci, sviscerate lezione dopo lezione. E ad un certo punto, quasi improvvisamente, ci si accorge di averle assimilate. Senza sforzo, senza preoccupazione, senza ansia da prestazione. Naturalmente. Come quando si impara a camminare. Imperdibili i loro stage nella campagna toscana (ecco, qui si che c’è una certa ansia nel controllare che la loro mail per l’iscrizione venga ricevuta per assicurarsi un posto!). Si lavora su se stessi in senso ampio. Si lavora sulle proprie emozioni, sul proprio corpo, su quella capacità di esprimersi che conduce alla gioia di mostrarsi agli altri con sicurezza. E soprattutto, si viene accompagnati verso la condivisione, la connessione umana e artistica. Colpa del Covid se non ho ancora terminato il primo anno. Eppure … già dopo 10 mesi, mi viene da dire … O’!! Ma allora … Ci sono finalmente! Stupore … Ecco perché c’è quella O’ …

Stage: “ Gli strumenti imperfetti ” ( Parte II)

Paolo Papini e Leonardo Torrini

Domenica 13 Settembre 2020

Si è conclusa stasera, anche la seconda parte dello Stage “gli strumenti imperfetti” e ci tengo a dire che il TEATRO fa bene, e poi a me piace e non posso fare a meno di dirlo, mi piace per infiniti motivi, ma gli Stage…gli Stage gli adoro, perché sono un concentrato, una degustazione di assaggi tra le infinite possibilità.

Mi spiego meglio, per farlo basta guardare questa fotografia, in questa foto c’è proprio tutto!  

In Leonardo e Paolo  è racchiuso il segreto di Officina Teatro’O  ed è tangibile, perché è proprio da questa grinta, da questo pathos, da questa  complicità, da questa indissolubile amicizia che nasce e si alimenta  la ”scuola “ in 25 anni di professionalità.

E’ uno scambio reciproco continuo di idee, in cui noi allievi siamo parti integranti del loro progetto, siamo accolti, accordati e armonizzati attraverso il gioco, ma un gioco, mai fine a se’ stesso, ma bensì un’esercizio riflessivo , in cui sei costretto a porti in maniera attiva, perché è solo così che sperimenterai fino in fondo le tue sensazioni, i tuoi ritmi, le tue intensità, i tuoi timbri, la tua espressività , e la tua caratterialita’ nel compiere un semplice gesto, o anche solo un respiro.

Impari a conoscerti, impari nozioni primordiali di te stesso che neanche ti immaginavi di dover apprendere ed impari ad ascoltare il tuo corpo e piano piano sei “ a pezzi  “, sì perché loro te lo scompongono letteralmente e te lo riassemblano un po’ per volta, avanti e un po’ indietro, al contrario, in su e in giù, ma tu, nel frattempo ti liberi, rompi i tuoi schemi, ti dissolvi, ti disconnetti per riconnetterti più vivo di prima e tutto questo è semplicemente meraviglioso, perché è vita, ma lo chiamano Teatro !!!

Ci pilotano senza mai pilotarci, ci accompagnano in maniera sicura, dandoci i mezzi per essere liberi di essere noi stessi.

Impariamo ad essere consapevoli del nostro respiro,  per trovare la giusta connessione con il nostro corpo e con la nostra mente, impariamo a prenderci cura di questo respiro, facciamo delle pause (delle apnee) usando il diaframma, spingiamo aria fuori e la riprendiamo, come se non lo avessimo mai fatto, perché non è un’automatismo di sopravvivenza, ma uno degli strumenti di coscienza che impariamo ad usare.

In questa ultima sessione dello stage abbiamo avuto modo di sentirci ancora più affiatati, più complici, più a nostro agio, meno incentrati su noi stessi, ma più ben disposti verso i nostri compagni, infatti, abbiamo lavorato divertendoci di più e senza alcun timore di sentirci giudicati, ci siamo buttati, provandoci davvero, attraverso movimenti, immedesimazioni, improvvisazioni, abbiamo trovato  il modo insieme di risolvere i problemi qualora l’esercizio lo richiedesse e cooperando ci siamo scoperti più “ forti , perciò, è stato assai difficile, alla fine, dopo cena,doverci salutare.

Tornando a casa, ho realizzato di aver potuto mettere oggi nella mia tasca:“un’opportunità”, oltre che ad aver fatto una nuova esperienza e mi è rimasto lo speciale gusto tipico di chi ha  trascorso due splendide giornate !

( Stefania Sinisi )

Stage “ Gli strumenti imperfetti” parte II

12 Settembre 2020

Si apre oggi la seconda sessione dello stage estivo di Officina Teatro’O, la prima edizione di giugno, ci ha trasportati nel bel mezzo delle colline toscane, all’ombra degli ulivi con i  rossi tramonti  infuocati a scoprire quali opportunità possiamo trovare dentro di noi per poi poterci mettere in ascolto e finalmente riuscire ad accordarci con gli altri

Abbiamo imparato ad aver più consapevolezza delle nostre capacità e abbiamo trovato subito l’armonia.

È così che ci siamo  sentiti “rigenerati” dopo i numerosi esercizi svolti, che se pur giocosi richiedevano una certa concentrazione e una partecipazione attiva  elevata, ma ne è valsa davvero la pena, perché è stata nuovamente un’esperienza unica, soprattutto dopo i lunghi mesi di clausura del look down.

Mesi in cui il teatro ci è mancato moltissimo…oserei dire spropositatamente.
Perché il teatro per me, è immersione all’interno di noi stessi e delle nostre emozioni, è gioco, è immedesimazione, è relazionarsi e affidarsi ai propri compagni, è non lasciarli mai soli, è un lanciarsi consapevole, è lasciarsi andare anche piano piano costruendo i tempi giusti per ogni situazione. 
E’ padroneggiare il proprio corpo e le infinite reazioni in base all’ emozione sentita, ricevuta, voluta , e farla coincidere o semplicemente accoglierla quale è al momento in cui nasce con quella dei nostri interlocutori . 

Il teatro è tutto questo, ma anche molto di più…ed io continuo a sorprendermi e ad amarlo perché ci si diverte tanto e si incontrano persone interessanti, decisamente  “uniche”  a cui è impossibile non volergli bene subito.


E dato che ci siamo trovati più che bene in mezzo al verde, in buona compagnia, dove abbiamo pure mangiato, bevuto e cantato allegramente, stasera ci torniamo ed io sono curiosa di scoprire cosa ci proporranno in questo secondo round i nostri insegnanti…e sento di avere la giusta carica per voler imparare ancora tanti altri accordi e sono pronta a lasciarmi coinvolgere alla ricerca di note nuove per suonare meno maldestramente i miei umili, ma potenti strumenti!


( Stefania Sinisi )

16/02/2020 Ex Fila

Via Leto Casini 11 ( Gignoro ) Firenze

Leonardo Torrini e Paolo Papini

( Officina Teatro’O)

Si è appena conclusa la serata a tema di Officina Teatro’O e anche quest’anno ho avuto modo di emozionarmi e di confermare quanto sia bello far parte di questa Scuola.

Gli insegnamenti che ne ricevo sono sempre talmente autentici, per questo così importanti e basilari da permettermi di star bene e sentirmi a mio agio con tutti, avendo vinto grazie a loro tante barriere e costrutti mentali iper radicati  del mio essere, non posso fare a meno di voler abbracciare forte Leonardo e Paolo dicendo loro  “ GRAZIE DI CUORE” per tutto questo e per tanto altro che fanno e ancora faranno per me e per tutti noi e per tutti quelli che intraprenderanno questo meraviglioso viaggio all’interno del loro corso teatrale ,ad ogni lezione, compiendo infatti innumerevoli magie su ognuno.

Ci invitano a riflettere sulle  nostre potenzialità e capacità , ci trasmettono tutta la loro passione e tutto l’amore per il Teatro, ma quello che è più sorprendente è come lo fanno: mettendo anima e corpo e tutti loro stessi con la massima semplicità.

Ci regalano le parti  più nascoste di noi, riportandoci alla luce, sorprendendoci a giocare come dei fanciullini, riscopriamo la bellezza di dedicarci del tempo solo per noi e per il nostro sentire.

Ci fanno far tesoro delle emozioni che proviamo come le dovessimo scolpire in noi per sempre.

Ci obbligano ad ascoltarci, ad aspettarci, a capirci per farci interagire in maniera più spontanea senza dover razionalizzare sempre troppo ogni cosa, ci abituano a reagire d’istinto, a non avere l’impulso di temere il prossimo….ma di accoglierlo, slegandoci dalla mente.

Ne abbiamo davvero tanto bisogno, soprattutto in quest’era popolata dalla fretta, dalla miseria  fredda della sola razionalità, rischiamo altrimenti di essere fagocitati dal tempo, consumati e non preservati  neanche nei sentimenti, e da tutte le emozioni prima ancora di averle vissute realmente. 

Loro, i nostri maestri, ci mostrano invece ciò che accade intorno a noi,  ma lo fanno regalandoci prospettive nuove e strade più sagge.

Oggi, appunto, proprio durante questa serata, ho riscoperto banalmente il dono della “diversità” che è l’incanto nascosto in ognuno di noi.

Questa serata non è altro che la conclusione di un percorso, di una ricerca personale, un esercizio che Leonardo e Paolo ci forzano a fare e ( questo l’ho compreso bene sulla mia pelle , perché per me ogni volta è un momento molto duro di introspezione, estremamente interessante, quanto doloroso), ma che mi consente  l’occasione di ricordare, di ricercare, di  esplorare dentro e fuori di me una sola cosa che ci sta a cuore, oppure rappresentativa di noi per poi decidere di volerla condividere con i compagni e amici, quindi, alla fine è un doppio regalo,  sia per chi la riceve, sia per chi la concede, ed è semplicemente geniale!

La bellezza di questa serata infatti è stata  “l’unicità di ognuno di noi nella propria diversità ” e la grandezza nel aver avuto la possibilità di poterla “condividere tutti insieme”.

Grazie Officina Teatro’O per tutte queste occasioni e possibilità !
S.

Officina Teatro’O 2020

MARIO PERROTTA “ Della Madre”

Lastra a Signa, 31 gennaio 2020

Mario Perrotta e Paola Roscioli

Perrotta, un anno fa, fu una sorprendente “illuminazione” proprio in questo stesso Teatro, sul palco nero , obliquo, con tre statue di ferro alle spalle  ci mostrò con una semplicità spiazzante (citandolo  “un’ altro aspetto fondamentale del teatro: il segreto della luce, che sta nei bui che riesce a creare.”)portando in  scena NEL NOME DEL PADRE , tre padri appunto, ma anche tre figli e tre madri…illuminati nella penombra tre famiglie comuni  dove ognuno si  contrappone a se’ stesso a specchio svelandosi a poco a poco nella propria identità, riflettendo sensibilmente le nostre fragilità, di padri, di madri e di figli.

Figli estranei e indecifrabili, apparentemente assenti che compaiono energicamente solo grazie ad un gioco sottilissimo fatto di parole, di concetti, invisibili fisicamente, ma potentemente presenti e problematicamente risolutori, ignari guaritori di drammi irrisolti e nascosti  vissuti prima da figli e poi da padri.

Tutto questo con un lavoro esemplare centrato tutto su se’ stesso e sulla sua magnifiche interpretazioni.

La trilogia monologo “In nome del padre, della madre, dei figli” nasce da un intenso confronto con lo psicanalista Massimo Recalcati, che alle relazioni familiari ha dedicato gran parte del suo lavoro,mostrando le debolezze dell’uomo/ padre moderno, Perrotta esalta tra l’altro una grande umanità e nella sua semplicità mette in scena tutta l’attualità di un vissuto sociale  attuale e in fervore continuo.

Nasce così il  penultimo monologo facente parte della trilogia, che oggi si dedica ALLA MADRE.

Una madre che Perrotta interpreta oggi con l’ausilio di troppi giochi scenici, disperdendo tutte le belle capacità e le potenti tracce di se’, una madre che viene spogliata della sua dignità drammaticamente, una madre a cui Perrotta, qui fa “sgretolare tutte le certezze epiche su sé stessa per approdare a un visione più complessa e problematica di se’ e del mondo, scoprendo il confronto come strumento sistematico di creazione”, anche se questo confronto la porterà a farsi tristemente  beffeggiare su dissacranti scambi di opinioni perfino su Whatsapp.

Una madre che Perrotta descrive con una tristezza imponente e una ferocia deprimente affrontandola con uno sguardo troppo severo, la rende mostruosa egoista fagocitaria e accentratrice.

Una statica mongolfiera bianca incapace di svolgere il suo ruolo.
Le pone l’accusa più pesante che una donna, una madre possa sentirsi fare.

L’accusa è di non essere capace  lei stessa di staccarsi dal cordone ombelicale che la lega alla nonna e infine incapace di ritagliarsi un ruolo nella società.

Di aver rinunciato alla sua femminilità ancor prima di aver accettato la maternità e di rimanere schiava di  quel  tipico legame della cultura italiana che si propaga  tra madre/ figlia e nonna, in una sorta di quadro “ le tre età’” di Gustav Klimt, Perrotta la descrive soggiogata in una sorta di prigione matriarcale.

Gode nel togliere questa immunità alle Madri Madonne Italiane.
Perrotta vuole  pesantemente provocarci per farci riflettere ancora sulle nostre fragilità e attraverso queste metamorfosi vuole scatenare il nostro disgusto.

Le madri comunque rimangono il “ simbolo di una icona che sa essere sempre più  ricca, più variopinta che mai” nonostante le forti accuse di Perrotta di stasera, poiché  come dice invece il suo grande amico Massimo Recalcati nel suo libro “ Le mani delle madri “alla fine nessuno di noi si autogenera, la vita viene dalla vita , la funzione materna  è la“ figura del “soccorritore “ di  (Froid) la vita cadrebbe nel vuoto se non ci fosse questa figura che la coglie,  la capacità di trattenere la vita  andrebbe persa senza la presenza delle madri, le mani della madre sono la prima lingua , toccato accudito accarezzato dalle madri non solo come funzione gestuale ma come origine del linguaggio insieme al volto della madre non avremmo  il primo sguardo sul mondo.

La madre può soffocare la vita quando è troppo presente, quando non sa essere donna, la madre patologica e’ un aberrazione della madre, la madre che sacrifica la vita del figlio per non perdere il diritto di proprietà sul proprio figlio è la madre tiranna, la madre malata, ma il dono radicale della maternità invece è  intoccabile si fonda su qualcosa che va profondamente oltre e va rivalutato, una madre ci insegna nel nostro tempo  seppur il tempo dell’incuria e della dispersione a rimettere  al primo posto la “cura materna” come attenzione al particolare, in questa cura del particolare si trasmette il sentimento della vita, cioè la capacità di trasmettere il desiderio della vita, l’unico momento di riscatto che Perrotta concede è nell’unica frase che la nonna ripete alla figlia ormai persa e confusa “ Ascolta il tuo Cuore”.

“L’infinito tra parentesi” di Marco Malvaldi regia di Piero Maccarinelli

Teatro Niccolini, Firenze, 12 Gennaio 2020

 


Giovanni Crippa

Maddalena Crippa 

 

Entrando nella sala del Niccolini, la scenografia aperta ci proietta immediatamente  sul palco per farci sovrastare dall’infinito culturale  di un’abitazione apparentemente comune intellettuale, in cui tutto è ordinato tranne le due lavagne, lasciate volutamente “nebulose”, quasi due porte lasciate aperte per l’imminente scontro, competizione (certamen ) che di li’ a poco si svilupperà davanti ai nostri occhi soprattutto entrando nella nostra mente come provocazioni attente sul dibattito esistente tra gli estremi della cultura umanistica e scientifica, toccando il potente intreccio che risiede tra tre immagini cariche di emozioni: musica, poesia e scienza.

Due librerie, due fratelli, due lavagne, che rappresentano due visioni del mondo contrapposte. Chi vincerà? Le risposte verranno rivelate in un elegante duello di parole tra Paolo e Francesca, ( interpretati magistralmente dai due  fratelli Crippa, Maddalena e Giovanni ) che attraverso formule e poesie scritte proprio su quelle lavagne contrapposte; con la potenza del vero legame fraterno riescono ad unire la scienza alla poesia. Come? Grazie all’intuizione geniale di  Marco Malvaldi  eclettico scrittore da cui il regista Piero Maccarinelli prende spunto per far duellare i due Crippa sulle due lavagne della scienza alla destra del palcoscenico e la letteratura a sinistra.

 

Inizialmente le formule di Paolo ( ypsilon psi + delta psi = mi psi ) sembrano spiegare tutto con rigore, ma Francesca con la sua poesia riesce pian piano a sdradicare le certezze di Paolo introducendo una chiave di lettura dove le variabili sono dettate dalle emozioni che possono rivoluzionare perfino la scienza.

Emozioni che concedono  anche un po’ di sana umanità alla scienza.

Alla fine infatti scopriamo essere concetti solo apparentemente slegati, in realtà incredibilmente uniti in un connubio eterno, un’unione primordiale, sovrannaturale e quindi indissolubile: una forma d’arte, che l’uomo ha il dono e il dovere di cogliere in tutta la sua bellezza e magia.

Ecco, la scienza entra prepotentemente in gioco nel momento in cui diventa la vera protagonista dei versi filosofici o mentre prende spunto dalla letteratura ispirandosi a Lucrezio, Dirac Oppenheimer, Wislawa Szymborwska , la scienza diventa oggetto di meditazione; è il soggetto di una profonda riflessione sul senso della vita e sul vero compito dello scienziato.

La canzone di De Andre’, “ un chimico” cantata e suonata con poche note proprio dalla chitarra di Paolo , commuove e diventa così, un unicum magico, una vera e propria poesia, un inno alla scienza e al sapere, mentre “mai due volte configura il tempo in egual modo i grani!” ( di Montale ) scritto da Francesca sulla sua lavagna analizza l’etimologia della parola “ entropia “ e la convergenza fra “entropia” ed “energia”.

Solo verso la fine e grazie ai magnifici versi  della Wislawa Szymborwska La gioia di scrivere” – attraverso la potenza dell’immaginazione che solo la parola ha il potere di sbrigliare  una Cerva corre tra le pagine bianche fruscianti come foglie in un bosco insieme ai versi di Ungaretti “ Si sta come d’autunno gli alberi le foglie “ citati inizialmente sempre da Francesca e cancellati con prepotenza da Paolo, riusciremo a capire che l’una ( la scienza) senza l’altra ( la letteratura)  non potremo mai essere ciò che siamo oggi.

 

Ecco l’infinito…racchiuso tra parentesi delle infinite certezze scienza e le infinite possibilità dei sentimenti.

Un certamen alla lavagna, certamente riuscitissimo ove a vincere è l’infinito dell’uomo!


Un certamen alla lavagna, certamente riuscitissimo ove a vincere è l’infinito dell’uomo!

 

 

 

 

“Troppe Arie” Trio Trioche

Teatro delle Arti, Lastra a Signa, 13 dicembre 2019

Franca Pampaloni, Nicanor Cancellieri e Silvia Laniado, regia di Rita Pelusio

Simpaticamente incuriositi dal titolo, ci sediamo in platea per assistere allo spettacolo del Trio Trioche, che solo pronunciandolo ci riempie la bocca della sua abbondante ‘strabordanza’ ci interroghiamo infatti sulla sua origine, ma la provenienza ci spiega la stessa Silvia Laniado più tardi, è nata gogliardicamente in una allegra serata del 2013 trascorsa insieme alla regista Rita Pelusio, nella quale bevendo un ottimo Borgogna e trastullandosi alla ricerca del loro Nome dice “ …è venuto fuori spontaneamente dando un po’ l’idea del trio” , ” …e scherzando sull’assonanza con le oche e le brioche in un francese italianizzato “ci conferma Franca Pampaloni , vuola’, nasce “Trioche” .
Il suono francese, però  ci evoca anche suggestioni storiche sul teatro di varietà, o, più comunemente  variété  nella sua declinazione appunto francese, un genere di spettacolo teatrale leggero come imitazione del Cafe’-concert .
Si tratta di un genere di spettacolo nel quale si eseguivano numeri di arte varia tra cui operette, giochi di prestigio, balletti, canzoni..in questo caso il teatro si struttura in un alternarsi di note musicali e comicità deliziosa, mai eccessiva un genere molto attuale oggi, ma che raramente racchiude il sapiente studio multidisciplinare e poliedrico di musicisti comici e sapienti intrattenitori, è vero che prende consistenza dal teatro fisico e  dalla clowneria , ma qui l’evoluzione è  stata strumentale/ melodica , è un vero e proprio concerto, la vera protagonista è la musica in genere e la lirica e la fine satira nasconde il voler smascherare il grande amore per questa preziosa arte.
La storia si ambienta sul palco in un concerto musicale, i protagonisti sono una arzilla Signora ( Franca Pampaloni) al pianoforte e il nipote( Nicanor Cancellieri )al flauto traverso che si trova a dover contenere la vivace Norma ( Silvia Laniado) badante della zia che ha una vera abilità artistica lirica e che stravolge completamente il repertorio tradizionale classico a favore di interpretazioni riarrangiate e dissacranti di rumori eseguiti con oggetti  strani spesso impensabili.
L’energia di Norma  è frizzante  con i suoi potenti vocalizzi ed esuberante nella sua comicità e complicità di scambi e di giochi equivoci con il nipote e la briosa zia in un circolo  vivo che ci diverte e ci coinvolge  portandoci avanti ed indietro nel tempo in ogni genere  e a cambi di ritmi immediati senza interruzioni e senza tante parole ma con  interi repertori… da Beethoven…, Johann Sebastian Bach, Rossini  fino a Lady Gaga , passando dalla famiglia Adams, Mission Impossible, il barbiere di Siviglia, “Ancora” di De Crescenzo, l’Ave Maria di Schubert, “I’m singing in the rain “ di Gene  Kelly tutte arricchite di sbadataggini e beffe incredibili, sciroppi, siringhe, gomme da masticare, torce , cucchiai, pettini, dentiere che diventano nacchere,situazioni bizzarre ed incredibili da morir da ridere.
Favolosa è la comicità che coinvolge il pubblico ma che qui simpaticamente si complica e si esaspera con una dirompente Norma in  “Amami Alfredo “ (Verdi, la Traviata) che  in stile Maria Callas si avventa su uno spettatore neutralizzando e rendendo inoffensiva la moglie …è qui che si innesca il vero meccanismo, come una “miccia” preziosa,  la partecipazione emotiva dello spettatore  è  fondamentale, perché una volta introdotti nel gioco avviene  l’incontro tra attore e spettatore rendendo tutto “esplosivo” in un’inatteso e buffo linguaggio, fatto di musica e risate.
Il caratterizzante egocentrismo dei personaggi  e la  poliedricità stessa degli artisti, è abilmente mescolata alla grande preparazione musicale e agli esasperati giochi della gags comica che fa risultare tutto sicuramente vincente.
Alla musica si può addirittura attribuirle la forza di elemento dirompente della” quarta parete” , cioè quel salto che permette di oltrepassare  il limite tra il reale e l’ irreale tipico del teatro  incoraggiando il pubblico a pensare in modo più critico su ciò che sta  osservando, in questo caso ascoltando, riappropriando lo spettacolo della giusta consapevolezza e consistenza, capiamo che non si tratta solo di avanspettacolo ma di studio teatrale sofisticato che lascia il sapore dolce di una serata ben trascorsa.

“ L’Abisso” di Davide Enia

Teatro Florida , Firenze 28 Novembre 2019

Stasera sul palco del Teatro Florida , Davide Enia, accompagnato dal musicista Giulio Barocchieri, ci ha trasportati con infinita delicatezza e sensibilità , a volte anche ironica, rimbalzandoci dal riso al pianto, in una narrazione drammaturgica completa e ricca di sfumature complesse.
Una narrazione fatta di gesti precisi che entrano ed escono in un linguaggio teatrale intenso, vero, con un lessico personale coinvolgente che ci accompagna passo passo attraverso un racconto, fatto di storie, tutte intrecciate fra loro e sovrapposte alla sua, in un dialogo schietto, sincero, fatto di spezzoni di vita quotidiana e di rapporti personali, come quello tra lui e il padre, o tra lui e lo zio, (malato di cancro per la seconda volta, a cui è molto legato) Enia si confida , ci confida scherzosamente l’incapacità comunicativa del padre fatta di silenzi, di mutismi , ma che poi riesce a superare attraverso la comprensione, l’ironia, ma anche con il tormento e il dolore condiviso di aver vissuto insieme quegli sbarchi, o la similarità dei sentimenti che li accomuna in quei momenti.
Enia, sottolinea “ l’umanità ” che vince ogni bandiera ed ogni colore durante i “ salvataggi ” , mostra il grande cuore dell’Italia, piccole grandi imprese degli abitanti, dei pescatori, della gente che vive sul posto, Lampedusa che accoglie e non respinge. Davanti allo sgomento collettivo, fa i conti con la propria coscienza, senza dubbi, sceglie la vita alla morte… si butta in mare per cercarla, tenta ad ogni costo con ogni sforzo …di salvarli tutti.
Sono loro gli “ eroi invisibili ” dei nostri tempi, che scendono e risalgono dagli abissi del nostro Mediterraneo.
Un monologo straordinario fatto di parole e movimenti mai scontate, che nasce dall’orrore, ma che si trasforma in “ bellezza ”, parlando di persone che agiscono e che non restano immobili.
Noi, con i nostri “ occhi impotenti ”, veniamo scossi profondamente dall’invito di Enia, che ci fa intendere di essere stati “ brutalmente abituati ” a qualsiasi cosa… ci esorta, invece, a ritrovare in noi, quel “ grido di umanità”, ad ascoltarlo, a sentire dentro quel dolore straziante e ancestrale, quella atrocità che lui stesso descrive attraverso i suoi personaggi, uomini, donne normali di Lampedusa, (Paola, Melo, Vincenzo, il custode del cimitero in pensione, lo zio, il padre) che sono invece straordinari nella loro semplicità, nella loro normalità continuano a prendersi cura dei vivi e dei morti, lavandoli, coprendoli, curandoli, seppellendoli, ascoltandoli …e nel farlo così spontaneamente, ti portano a riflettere su come ti comporteresti tu, proprio tu….su quegli stessi moli ricoperti da indeterminatezza sovraffollati di cadaveri, circondati da “esseri umani” soli, spaventati, feriti, spaesati… è mentre accade tutto questo che ti percorrono addosso i brividi, perché provi la loro paura, senti il loro freddo … guardi il palco da dove Davide Enia riesce a restituirti pace e a restituire pace ed equilibrio, dignità e onore alla vita.
È la denuncia di un uomo “ per bene” , che vive l’urgenza di intervenire, di richiamare ognuno di noi a riprendere coscienza, a vedere e non più guardare, ad ascoltare e non più sentire …è un “ grido” da non ignorare, è parte della “ Storia della nostra origine ” :
“Europa in groppa ad un Toro Bianco scappa da Cipro, attraversa il mare per giungere fino a Noi, rendendoci tutti figli di un naufragio!”
Enia con questo finale, ci lascia senza parole, permeati anche da un po’ di vergogna, ora che il messaggio è stato recepito, abbiamo imparato una lezione importante, di rispetto che va oltre …in profondità, nell’abisso di noi stessi, commossi e addolorati per ogni vita perduta, ma ammirati da ogni gesto, di chi, silenziosamente agisce indiscreto, con ogni mezzo, con forze inaspettate , lavorando assiduamente ogni notte nei salvataggi, nella speranza di riuscire a ridare luce a più vite possibili, confrontandosi ogni giorno con scelte impossibili …..il dover scegliere… in mezzo al mare, nel buio più cupo, chi far vivere e chi lasciar morire…

Ultimi posti disponibili!

Ultimi posti disponibili per i corsi di teatro a Firenze

 

 

Officina Teatro ‘O – scuola di teatro dal 1996

iscrizioni per l’anno 2019/2020

I anno corso base serale – 1 posto disponibile

I anno corso base ore 18,30 – esaurito

II anno corso avanzato – esaurito

III anno corso avanzato – esaurito

La Bella Età teatro per over 60 – 2 posti disponibili

 

Info ed iscrizioni

Telefoni: 055 4684591 – 328 2793144 – 339 3318580

www.teatroo.it

info@teatroo.it

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PERCHE’ ISCRIVERSI AD UN CORSO DI TEATRO?

 

“Per poter dire allo specchio: ‘Beh, da te questa proprio non me l’aspettavo!’. E sorprendere se stessi è sempre una bella cosa.”

Andrea

“Per scoprire parti di te che altrimenti rimarrebbero nascoste.”

Letizia

È un esperimento meraviglioso. Alla fine sembra la chiave di tutto.”

Annalisa

“Per scoprire che quello che si pensa impossibile è invece possibile… e pure divertendosi con gli altri!

Marco

“Difficile da spiegare a chi non lo ha mai fatto. Soltanto chi ha frequentato un corso di teatro sa cosa si perderebbe a non fare un corso di teatro!

Matteo

Perché fare un corso di teatro è come mangiare la Nutella… Se lo provi non puoi più farne a meno!”

Francesca

La magia del teatro ti aiuta ad essere te stesso anche nella finzione.”

Elisa

“Perché iscriversi ad un corso di teatro in 3 parole? PERCHÉ TI CAMBIA.

Alessandra

NOVITA’ CORSO BASE DI TEATRO ORE 18,30

NOVITA’ CORSO BASE ORE 18,30

 

In partenza il nuovo CORSO BASE di Teatro con orario pre serale.

Il corso inizierà alle ore 18,30 nella nostra sede Newstaz in via Attavante 5 a Firenze a soli 2 minuti a piedi dalla fermata della Tramvia Nenni – Torregalli (linea T1).

 

Il corso – della durata di 2h15’ – inizierà MERCOLEDI’ 16 OTTOBRE.

 

Temi centrali del corso saranno la scoperta delle proprie capacità espressive attraverso il gioco, la disinibizione, il senso del ridicolo e tecniche di improvvisazione per stimolare la fiducia in sé e negli altri, giocare con la voce imparando le basi di dizione e pronuncia.

Corso base aperto a tutti.

 

Inoltre per i nostri allievi riduzioni fino al 60% per i biglietti nei principali teatri di Firenze e non solo (Teatro della Pergola, Teatro Puccini e Teatro di Rifredi di Firenze, Teatro Metastasio e Fabbricone di Prato… )

 

Officina Teatro ‘O

Scuola di Teatro a Firenze dal 1996

Newstaz via Attavante 5, Firenze

Fermata Tramvia Nenni – Torregalli

Info ed iscrizioni

Telefoni: 055 4684591 – 328 2793144 – 339 3318580

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Permettermi di sbagliare

Cosa ha significato per me partecipare allo stage di teatro in campagna CREARE con L’IMPREVISTO:

concedermi la libertà di provare a essere me stessa

vincere delle barriere importanti, la paura del contatto con l’altro, toccare un compagno, una compagna che non conoscevo, vincere la paura dell’invasione del proprio spazio

sentire l’emozione del momento e porgerla al tuo interlocutore per attendere la sua reazione, capire il tempo di cogliere l’incontro, le infinite possibilità, la facoltà di non coglierla affatto

capire che c’è un momento spontaneo perfetto e un altro che non lo è

incontrare lo sguardo dell’altro per far nascere l’imprevisto, l’imprevisto che non deve spaventarci ma stupirci per non perdere mai l’incontro che ci unisce se pur solo di quell’unico istante… è inspiegabile quanto sia bello scoprire e scoprirci, nello sguardo che rappresenta il tutto di un legame spontaneo in evoluzione continua, si crea perciò una relazione che è magica se le permetterai di sconvolgerti

perché non esiste vergogna, non esiste limite uomo/donna, esiste solo l’emozione e la semplicità di una complicità che ti scopre più consapevole

fidarsi del prossimo correndogli incontro, accogliendolo, permettendogli anche di sbagliare, osservarlo, sentirlo, staccare la mente per agire, semplificando, provando, lanciandosi andare, emozionarsi…

un susseguirsi di esercizi mai banali mai scontati, rapporti unici ed imprevedibili impensabili perché ogni relazione scaturisce così sul momento e non sai mai fino in fondo cosa accadrà fino a che non le darai la possibilità di esserci, di esistere

ogni persona è unica con il suo modo di sentire e di reagire, chissà quindi cosa può scaturire… intrecci, sradicamenti, l’imprevisto fa parte della vita e saperlo affrontare fa la differenza!

Per questo amo il teatro di Officina Teatro ‘O, perché con umiltà e con elegante delicatezza mi permette sempre di crescere come persona nuova e migliore.

 

S.

 

Presentazione Corsi

Mercoledì 2 ottobre ore 21,30

NEWSTAZ via Attavante 5, Firenze

 

PER INFORMAZIONI ED ISCRIZIONI

Officina Teatro ‘O – scuola di teatro a Firenze dal 1996

email: info@teatroo.it – telefoni 3282793144 – 3393318580

Facebook: www.facebook.com/pages/Officina-Teatro-O

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GRATITUDINE! Come il teatro mi ha reso migliore

 

Lo spettacolo di stasera è stato l’ultimo di questa intensissima e meravigliosa stagione 2018/2019, della scuola di Officina Teatro ‘O.

Credo di non essermene voluta perdere nessuno, sono stata a vederli praticamente tutti… li ho studiati con cura uno ad uno, me li sono gustati dall’inizio alla fine e ho cercato di scoprirne i segreti… tutti estremamente diversi, specifici per le varie classi ma non sono mancati casi in cui addirittura gli allievi hanno superato qualsiasi aspettativa, veramente bravi e coinvolgenti!

Alcuni mi hanno catturato ed emozionato più di altri, per il tema trattato o per le scenografie create solo da pochi contrasti di luci e ombre, balli eclettici, bandiere gigantesche e colori, tutto studiato con semplicità, quell’essenzialità che non distoglie dai veri protagonisti, gli attori. Hanno regalato davvero allegria al pubblico, tutto sempre impeccabile, armonioso e di un eleganza sottile, moderna ed attuale.

La sensazione che ho percepito più di ogni altra era davvero l’entusiasmo, la vitalità, la forza, il vigore del divertimento di chi si apprestava a rappresentare le varie scene, donando al pubblico quel qualcosa in più, qualcosa di intimo e anche di molto personale.

Fotografandoli poi li ho immaginati dei “quadri viventi”: erano bellissimi quei corpi che si muovevano sul palco, si muovevano cadenzati avendo appreso sensibilmente tutto ciò che gli è stato trasmesso durante l’anno e fatto proprio, come una luce riflessa ancor più abbagliante.

Non mi è stato chiesto di fare una recensione ma quando scopri un mondo fantastico, pieno di energia, scintillante di luce, di magia e umanità non puoi fare a meno di aver la voglia di condividerlo e raccontarlo.

Ho scoperto quest’anno il teatro e non un teatro qualsiasi, ma il teatro di “Officina Teatro ‘ O”, quello che ti cambia nel tuo io più profondo per rinascere vivo come non lo sei mai stato. La scuola fondata sull’esperienza (più di 22 anni di passione per il Teatro e per il suo mondo misterioso) nata, voluta e sentita dalla competenza e dall’amicizia di due splendidi maestri, nonché attori, Torrini e Papini.

Io l’ho vissuto su me stessa, da allieva, internamente come un’esperienza catartica, purificatrice. Le emozioni si sono susseguite, sono scivolate fuori in maniera spontanea con la naturalezza di un bambino, ho pianto, ho riso e ho condiviso. Bisogna solo ringraziare e ammirare chi svolge un lavoro così profondo, chi umanamente e umilmente ti porge una mano ed è pronto a sostenerti davanti ai tuoi ostacoli (che poi sono spesso solo limiti mentali che credevi di dover mantenere saldi e che ti ancoravano e che ti costringevano a non volerti mai mettere in gioco per paura, per convenzione sociale o per chissà quale altro assurdo motivo ed invece qui trovi il coraggio) scopri le innumerevoli possibilità che ognuno di noi ha dentro di sé, se non si pone barriere, costrizioni sciocche che non permettono di volare.

Basta immergersi pochi attimi nella lettura degli innumerevoli commenti positivi degli ex allievi che fioccano ovunque su internet o in qualsiasi social network per sorprendersi dalla quantità spropositata di elogi sugli insegnanti, sui corsi, sugli stage. Emozioni scoperte, gente che li travolge d’affetto per un’unica e sola ragione: perché tutti hanno provato ciò che dico io su loro stessi, è un teatro magnifico, quello che ci piace e che non può non piacere perché è VERO!

Il Teatro è tutto, è davvero tutto tranne che finzione.

Il palco… ognuno lo vive e lo percepisce con la propria sensibilità. Per me è stato “fuoco”, un calore ardente del legno che ti toglie il fiato sotto le luci, che ti fa commuovere e a cui non puoi mentire. Nel buio più oscuro, intravedi le ombre (forse quelle che ti sei sempre portato dentro) percepisci i bisbiglii e il respiro del pubblico, poi d’improvviso tutto sparisce, non ci sei che tu, si amplifica il battito del tuo cuore e lo senti vivo e poi più niente, trovi dentro di te quella forza, quella sana naturalezza e grandiosità della complicità con i tuoi compagni ed è qui che inizia il vero divertimento!

Mi domando perché ho atteso così tanto a decidermi ad intraprendere questa meravigliosa avventura. Mi domando come si possa permettere che un’arte così straordinaria non sia insegnata obbligatoriamente nelle scuole ai bambini, ai ragazzi che hanno bisogno di conoscersi, di scoprirsi e di plasmarsi come futuri uomini e donne.

“L’arte dell’io, l’arte di noi stessi” il teatro ti permette di conoscerti intimamente e di riconoscerti in mezzo agli altri, impari a capirti e ad amarti senza giudicarti.

Sperimenti emozioni e comprendi di più non solo te stesso ma anche le persone che ti circondano, ti scopri anche più generoso e disponibile a regalare ciò che porti dentro perché capisci che se non lo condividi è come non averlo.

Continuerò ad imparare dal Teatro perché non voglio smettere di sorprendermi proprio ora che grazie a lui mi sono ritrovata una persona migliore di prima.

Una sola parola può esprimere tutto ciò che sento: “GRATITUDINE”.

Grazie, grazie di cuore a Leonardo Torrini e Paolo Papini che hanno messo a disposizione la loro Arte, perché l’arte è eterna e con la loro professionalità, umanità, semplicità e disponibilità ci hanno insegnato a tornare anche un po’ bambini, più spontanei ed ad essere noi stessi, l’essenza pura di noi!

 

S

stage di teatro CREARE con L’IMPREVISTO – 14/15 settembre

Due giorni di teatro immersi nella natura.

LO STAGE

Creare con l’imprevisto. Nella vita l’imprevisto può capitare e noi non possiamo farci nulla. In teatro è assai prezioso imparare ad accogliere, gestire e sfruttare l’inaspettato. Prezioso e di grande soddisfazione. Impareremo che attraverso l’inaspettato possiamo sviluppare strategie comportamentali, meccanismi e modalità espressive inusuali.

Saper affrontare gli imprevisti è forse una dote innata? No, al contrario, si può imparare.

L’elasticità è una dote che si può apprendere attivando controtendenze utili al proprio sviluppo artistico e creativo. Passare dal circuito vizioso della paura a quello virtuoso del piacere della creazione.

Quando il controllo non è nostro alleato, ma diventa la nostra ossessione, occorre imparare a lasciarsi andare a ciò che accade, mantenendo solo la consapevolezza del qui ed ora.

DOVE

Lo stage, condotto da Paolo Papini e Leonardo Torrini della Officina Teatro ‘O, prevede due giornate di attività presso una antica pieve nella campagna aretina ad un’ora da Firenze. Due giorni di teatro immersi nella natura.

Saremo ospiti in una antica pieve in provincia di Arezzo sulla via Francigena ad un’ora circa di distanza da Firenze, un ambiente protetto e a contatto con la natura.

QUANDO

Lo stage si svolgerà nei giorni di sabato 14 e domenica 15 settembre.

Il rifugio sarà in uso esclusivo per i partecipanti.

L’iscrizione comprende:

quattro sessioni di lavoro nei due giorni

un pernottamento presso la pieve

due pranzi

una colazione

una cena

 

Lo stage è a numero chiuso

ULTIMO POSTO RIMASTO

 

 

PER INFORMAZIONI E ISCRIZIONI

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Perché partecipare ad uno Stage di teatro

Officina Teatro 'O

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Partecipare allo stage della Officina Teatro ‘O si è rivelato una di quelle cure a efficacia cento per cento. Divertimento totale, emozione profonde, messa alla prova, senza trascurare tutti gli aspetti tecnici interessanti… gli effetti si sono visti su tutti i partecipanti! Tutti sono risultati ‘liberi’, tutti sono usciti dalle loro abitudini… ciò è stato evidente nelle piccole rappresentazioni finali; tutte espressive, nessuna banale, quasi geniali…
Lo stare insieme, l’esperienza alla ricerca delle disabitudini, il fuori ordinario weekend, hanno reso ancora un po’ più difficile il lunedì… volevo dell’adrenalina!

Samantha

La inaspettata libertà di prendersi cura di se stessi attraverso il teatro
Gratificata e contenta. Così la stanchezza davvero non l’ho sentita oggi a lavoro, né la sento adesso.Un’esperienza intensa, formativa, emozionante, bella. Una nuova e insolita consapevolezza di te stesso, del tuo corpo e delle tue emozioni. La voglia di esprimere ed esprimersi. La consapevolezza che abbiamo i mezzi…

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L A G R I M E di G A L L I N A : carabum, plaf, katam… o no?

Ho trovato lo spettacolo di qualità superiore alla media, devo ammetterlo. E’ un vero piacere vedere i vostri attori sul palco, anche esteticamente portano una diversa energia, una bellezza nuova nei loro corpi. Se poi si pensa che erano allievi del corso del primo anno, allora la cosa è ancora più incredibile.

La scenografia con ombrelli mi ha entusiasmato in modo particolare. Poi la ricerca dei movimenti, la scelta della musica, le luci, la ricerca degli spazi e dei movimenti degli attori… Praticamente (l’ho scoperto stasera mentre fotografavo…) voi costruite dei quadri viventi, “il personaggio nello spazio“ sul palco! Deve essere formidabile dar vita ad un quadro vivente, ora capisco meglio cosa significhi per voi registi il mistero e la magia del risvolto umano, della conoscenza del singolo individuo che si trasforma e si lascia plasmare!

Mi sono piaciute molto le danze fatte di luci ed ombre, di movimenti cadenzati composti da energia pura ma modulata, imbrigliata, sottomessa in maniera logica, razionale al punto giusto da non togliergli quella spontaneità.

 

Ottimo lavoro!

S.

 

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L’amore pensato – frammenti di una storia forse mai esistita

L’amore pensato – frammenti di una storia forse mai esistita

Recensione

 

Cosa posso dire… è stato bellissimo, sapevo che ci avreste messo il cuore e così è stato. Sono davvero bravi i vostri allievi ed è stato emozionante vedervi commuovere alla fine sul palco assieme a loro.

Spero che le mie foto e miei video possano rimanere come ricordo e darvi l’idea di ciò che ho visto, di ciò che abbiamo provato noi del pubblico.

Un testo di Gaber e Luporini per due attori e voi lo avete trasformato, lo avete reso qualcosa di nuovo, molto intenso, per nulla banale. Bellissima la scenografia, fatta solo dagli attori, la cura di ogni cosa prodotta dalla gestualità, l’attenzione agli spazi e ai movimenti che risultavano liberi ma appropriati, l’armonia delle contrapposizioni, come il parlarsi sovrapponendosi, l’unicità dei vestiti appropriati alla fisicità di ognuno, diversi se pur uguali, il rosso della passione, il rosso di Officina Teatro ‘O.

Sul palco c’era entusiasmo, complicità, passione, magia, bellezza, freschezza e finalmente carne, caviglie, cosce, mani, spalle, braccia e piedi sul palco… tutto era così vivo.

Parlare di amore. Mi hanno appassionato i litigi, non quelli che conosciamo addomesticati dalla crudeltà del sentimento, dettati da gelosia, rabbia e frustrazione, i vostri invece erano proprio belli perché dentro c’era amore!

La cosa che continua a sorprendermi sempre di più del teatro è il lato umano, mi spiego meglio: durante lo spettacolo ho iniziato ad amare ognuno dei personaggi, pian piano che andavano avanti, ho imparato a conoscerli, osservandoli ho scoperto cose che non avresti visto mai subito all’istante, come personalità, carattere, dolcezza e fragilità… Eh, sì, nulla è più vero di ciò che accade sopra il palco!

 

Stefania

 

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Il Maestro e Margherita

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“Vorrei morire. Eppure continuo a mangiare, a dormire, ad avere paura. Mistero, ridammi quello che era mio, l’immaginazione, le storie, il sapere senza aver vissuto. Dammi mondi nuovi, una storia, dammi una danza! Spiana quel solco che mi separa il cervello. Dammi i sogni, quelli veri, quelli che si fanno di notte. Io non voglio la realtà, VOGLIO LA VITA!”

"La verità? Che cos'è, la verità?"

Mosca è una scatola tetra e fredda, fatta di presenze inquietanti che si muovono sibilline, emettendo suoni demoniaci che fanno nascere brividi gelidi lungo la schiena.
L’uomo che è stato ingordo di conoscenza, cerca arrogantemente di razionalizzare anche le sue paure più oscure.
Ma ci sono brividi viscerali che non si possono soffocare..

“Non è uno straniero…non è uno straniero..”

Ride istericamente il Demonio di fronte alle tronfie lezioncine di storia di letterati annichiliti anche dalle storie…ma lui era nella storia, c’è sempre stato.
Era nell’orecchio del boia a suggerire una frustata in più; era nella mente del Procuratore, serpente, ad ogni passo della sentenza.
E la platea sobbalza ad ogni frustata, rabbrividice ad ogni risata e si sente morire di terrore ad ogni soffio di veleno.

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Ma il pubblico vuole sapere. Vuole conoscere la realtà.

Il mondo è un bunker con porte a scomparsa e scritte col gesso sui muri. I personaggi entrano ed escono come all’interno di un gioco, comandato da un burattinaio sarcastico impossibile da raggiungere.

E non è forse questa la perenne ricerca della verità? Ma poi cos'è, la verità?

Ad ogni apparizione dei tre menestrelli del male, i personaggi sanno che qualcosa di tremendo li investirà, e tu con lui, caro spettatore. Se ti nascondi, loro ti troveranno; se proverai a fuggire, loro ti ghermiranno e danzeranno intorno a te come posseduti, canteranno nenie o urleranno istericamente, e ti sembrerà di perdere la testa.
Quale modo migliore che usare il sovrannaturale per svelare il reale?

“L’umanità ama i soldi, non importa di cosa siano fatti: di pelle, di carta, bronzo o oro. Sono frivoli….che farci…”

Sentili come gridano e reagiscono, ora divertiti, ora con stupore, ora con terrore, quando la carta straccia si trasforma in denaro e i vestiti delle signore in abiti nuovi e scintillanti….volano teste, lo sgomento è totale, ma il Professore non si scompone.
Lui cerca Margherita.

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Margherita, donna malinconica, logorata dall’abbandono del Maestro – quella ruga sul viso… –  ma forse ancora di più dal vedere il proprio uomo sopraffatto, inerte, incapace di reagire anche contro le critiche di cialtroni superbi.
Margherita ha lo sguardo triste – “Il più triste che abbia mai visto” –  ma è disposta a tutto pur di rivedere il suo amato, anche affrontare la notte più buia; regina al fianco di Satana.

Il volo della strega: ah quale onirica catarsi!
Un’altalena sulla città, su cui Margherita ad ogni spinta acquista forza, potenza, rivolta. La donna che per troppo tace e subisce, rischia di spezzarsi le corde vocali quando poi esplode il suo grido di ribellione.
Nuda e statuaria. <Invisibile e libera! Invisibile e libera!>

Perdonami e dimenticami il più presto possibile. Ti lascio per sempre. Non cercarmi, sarebbe inutile. Sono diventata una strega. E’ giunto il momento. Addio. Margherita.

Non ci dovrebbero essere donne con tristi fiori gialli. non ci dovrebbero essere donne che aspettano. Nè pagine sbruciacchiate conservate come cimeli di una persona che dimentica il suo nome, tanta è la voglia di sparire e lasciarsi morire lentamente.

Sfilata di anime dannate…. “Sangue!” “Arriverà presto, messere
Uno sparo, il cuore sfilato dal petto, spremuto in una mano a riempire il calice. Margherita piange ma non si spezza, sopporta e non si lamenta, “E’ riuscita a superare anche questa prova” ghigna soddisfatto il Signore delle tenebre con la sua schiera di diabolici clown.
Deve pretendere, non chiedere ciò che le è stato promesso, le preghiere sono per un altro dio.

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Ma può la pietà bastare all'amore?

Dio concede il riposo degli amanti, il Diavolo non concede, ti porge il coltello e lascia scegliere….diabolico, verrebbe da dire.

“Ma il mondo è anche mio! Mia la libertà, mia la rivolta.”

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Il teatro è poesia che esce dal libro per farsi umana.

Viva il teatro.

 

Teatro Metastasio – 9 Dicembre 2018
“Il Maestro e Margherita” di Michail Bulgakov

Riscrittura di Letizia Russo
regia Andrea Baracco
con Michele Riondino nel ruolo di Woland
Francesco Bonomo (Maestro/Ponzio Pilato) e Francesca Rossellini (Margherita)
Alessandro Pezzali (Korov’ev)
Giordano Agrusta (Behemoth)
Carolina Balucani (Hella/Praskov’ja/Frida)
Caterina Fiocchetti (Donna che fuma/Natasha)
Francesco Bolo Rossellini (Berlioz/Lichodeev/Levi Matteo)
Oskar Winiarski (Ivan/Jeshua)
Michele Nani (Marco l’Ammazzatopi/Varenucha)
Diego Sepe (Caifa/Stravinskij/Rimskij)